È passato un po'di tempo dall'ultimo articolo pubblicato su questo blog, anche se in realtà non è nemmeno trascorso così tanto. Eppure molto è cambiato da allora.
La riapertura di negozi ed aziende, il miglioramento (qui in Italia) della situazione sanitaria, il paese che vuole (e deve) ripartire.
Pure il campionato di calcio è ripreso.
Ho aspettato prima di tornare a scrivere proprio perché questa nuova “normalità” era tutta da scoprire.
Ora è arrivato il momento di tornare a raccontare il cambiamento che stiamo vivendo.
A presto!
Distanziamento sociale. E' questo il mantra che dovremo tenere presente per i mesi a venire. Ciò comporterà una rivoluzione anche per quanto riguarda il trasporto aereo passeggeri.
Aldilà delle regole che i singoli paesi adotteranno in merito, possiamo già ipotizzare oggi che dovendo distanziare le persone avremo queste conseguenze:
Tempi di imbarco più lunghi
Meno posti disponibili sugli aerei a causa del distanziamento di sicurezza per evitare contagi
Aumento dei biglietti aerei perchè i voli potranno conseguentemente imbarcare molte meno persone
Secondo Alexandre de Juniac, direttore generale della Associazione internazionale del trasporto aereo (Iata):
Nel breve e medio raggio un volo è redditizio se si riempiono almeno il 70-72% dei posti. Se si vendono i biglietti allo stesso prezzo di prima con il 66% massimo di load factor si vola in perdita. Le compagnie dovrebbero aumentare i biglietti del 50% per fare un profitto minimo.
Ciò comporterà sempre secondo Alexandre de Juniac la fine dei voli low cost. Anche Michael O’Leary amministratore delegato di Ryanair è della stessa opinione, chi volerà dovrà pagare anche per i posti vuoti.
Poi per evitare assembramenti sia all'imbarco che all'arrivo servirà maggiore tempo per diluire il flusso dei passeggeri allungando quindi la tempistica necessaria al volo aereo per ripartire una volta atterrato.
Tenendo presente che meno gli aerei volano e più costano anche questo avrà una incidenza significativa sui costi.
Uno studio di McKinsey Global Institute rivela che un quarto dei lavoratori europei rischia di perdere il posto di lavoro a causa della crisi economica che scaturirà dall'epidemia di Covid-19.
Sono numeri impressionanti, si tratta di circa 59 milioni di persone in tutto il continente. Dallo studio emerge che i soggetti più a rischio sono i giovani sotto i 24 anni e con un basso livello di istruzione.
Le mansioni più a rischio sono quelle legate al servizio clienti ed alle vendite.
Quali saranno i settori più colpiti? Secondo lo studio sono turismo e ristorazione unitamente a quelli legati all'arte ed all'intrattenimento.
Guardando più nel dettaglio scopriamo che ci sono ben 2,3 milioni di posti di lavoro a rischio legati ai trasporti.
Cosa fare quindi? Sarà necessario per i governi intraprendere azioni straordinarie per mitigare questi rischi.
Alcune contromisure sono già state prese, ma la politica dovrà porre maggiore attenzione ai settori più colpiti dalla crisi prendendo decisioni mirate e rapide così da salvaguardare il maggior numero di posti di lavoro.
La maggior parte dell'attenzione di questi giorni è sulla fase 2, quella in cui le aziende ripartiranno con le loro attività ed in che misura.
Ma c'è una domanda ancora più importante a cui ben pochi sanno dare una risposta.
I clienti vorranno ancora gli stessi prodotti e servizi così com'erano prima dell'epidemia?
Tutti noi abbiamo vissuto un periodo senza precedenti e ci apprestiamo ad affrontarne un altro (probabilmente anche più lungo) molto simile con restrizioni di carattere sociale e sugli spostamenti.
Tutto ciò è destinati ad incidere non poco sui nostri stili di vita pre-crisi.
Chi (e con che modalità) si recherà nei ristoranti che verranno aperti? Come ci comporteremo negli stabilimenti balneari?
Acquisteremo comunque una nuova auto in questa situazione oppure attenderemo? Sceglieremo un modello di auto ecologica o visto il costo del petrolio bassissimo acquisteremo un modello classico?
Torneremo ad utilizzare il contante o prediligeremo mezzi di pagamento elettronici?
Potremmo porci decine di domande di questo tipo.
Quindi la domanda non è tanto quando riapriremo, ma come saremo noi alla riapertura.
Diciamocelo chiaro, ormai la quarantena forzata ha stancato molti di noi oltre che messo in difficoltà aziende, artigiani, lavoratori autonomi e dipendenti.
Purtroppo però l'agognata fase 2 non è così idilliaca come una buona fetta di cittadini se la immagina.
La Germania che ha provveduto ad una riapertura graduale ha visto in pochi giorni passare il tasso di contagio R0 da 0,70 ad 1.
Ciò conferma quanto gli esperti continuano a ripetere da settimane, il termine della quarantena spingerà in alto il contagio e solamente rispettando scrupolosamente tutte le prescrizioni che sono state comunicate / che verranno implementate si potrà cercare di limitare l'aumento dei casi di Covid-19 mantenendoli in un numero limitato, tale da consentire agli ospedali di far fronte alle cure da dedicare agli ammalati.
Purtroppo dobbiamo iniziare a pensare che dovremo convivere con questo virus per molto tempo ancora, evitando di alimentare la falsa illusione che il peggio sia passato.
Secondo Iata (l'Associazione internazionale del trasporto aereo) l'impatto del Coronavirus sulle compagnie aeree sarà devastante.
Perdite di ricavi per 89 miliardi di dollari e traffico passeggeri in calo del 55%.
Gli ultimi dati dell'associazione evidenziano un collasso del traffico aereo attuale pari al 90% con 6,7 milioni di lavoratori a rischio nel comparto a livello globale.
Per l'Italia, le stime parlano di 83 milioni di passeggeri in meno, perdite di ricavi pari a 11,5 miliardi di dollari, 21,1 miliardi di dollari di contributo all'economia italiana in meno e 310.400 posti di lavoro a rischio.
Mentre l'epidemia colpisce l'intero globo molte nazioni (tra cui l'Italia) stanno preparando dei piani per la fase due, quella in cui l'economia dovrà ripartire.
Serviranno centinaia di milioni di euro per stimolare l'intero comparto produttivo del paese e serviranno regole chiare di comportamento ed organizzazione per limitare la diffusione del virus.
Da un lato i virologi sanno che solo l'isolamento può limitare la diffusione del virus, dall'altro però una economia in “quarantena” può condurre solo ad una crisi mai vista, con milioni di posto di lavoro a rischio in tutta Europa.
Ora si tratta di bilanciare economia e salute pubblica.
Ci sono accadimenti che imprimono un cambiamento inaspettato ed inevitabile alla storia.
In molti si stanno domandando se anche l'epidemia Covid-19 sarà uno di quegli eventi in grado di cambiare per sempre il corso degli avvenimenti.
E' ormai opinione diffusa tra gli esperti che l'attuale situazione non durerà settimane ma mesi interi.
Certo la quarantena potrà finire in un tempo molto più breve, ma le attività non riprenderanno come prima della diffusione del virus.
Questo perché non esiste un vaccino e permane il pericolo che una volta finita l'attuale emergenza scoppino comunque nuovi focolai epidemici.
Guardando alla Cina ci si rende conto che anche se il paese asiatico ha vinto la battaglia contro il Coronavirus il rischio di un contagio di “importazione” permane .
Per questo motivo è lecito pensare che gli spostamenti di persone e merci nelle lunghe tratte subiranno un grave colpo. Basti pensare alle quarantene obbligatorie ed al ridotto numero di collegamenti aerei per effetto del calo verticale di turismo e viaggi di lavoro.
L'arrivo del virus ha inoltre costretto la maggior parte delle persone a cambiare radicalmente il proprio stile di vita e di consumi, generando una spirale con effetti difficilmente prevedibili nel medio / lungo termine.
E' quindi possibile immaginare che la normalità, quella a cui eravamo così abituati prima della pandemia, resterà un ricordo ancora per molto tempo.
Gestire le emergenze non è mai facile e quando dei politici / amministratori si trovano a dover fronteggiare una crisi sanitaria di portata storica è necessario che il bene comune venga prima di ogni altra cosa.
Le polemiche politiche devono lasciare il passo alla collaborazione. Le istituzioni invece fare ciascuna la propria parte per superare il momento di difficoltà.
Anche i cittadini sono chiamati a collaborare assumendosi le proprie responsabilità.
E' proprio in questi momenti che la democrazia deve mostrare il suo grado di maturità.
Molti di voi avranno provato in questo periodo di quarantena forzata ad effettuare la spesa online. Personalmente ho provato diverse volte senza riuscire a trovare la disponibilità per poter acquistare beni di prima necessità e farmeli recapitare a casa. Un problema che in queste settimane sembra essere molto diffuso.
Del resto è facile immaginare che un sistema normalmente poco usato e che improvvisamente diventa molto richiesto possa avere grosse difficoltà.
Come ho risolto il problema?
Riscoprendo il “negozio di quartiere” ovvero un minimarket nel quale non ho mai (dico mai) fatto la spesa e che si è dimostrato disponibile a consegnare l'ordine direttamente a casa con pagamento alla consegna.
Nel suo piccolo questa esperienza parla proprio di quello che sta accadendo anche con le lunghe catene logistiche di molte aziende.
Una supply chain in grave difficoltà per il taglio dei voli aerei, la riduzione di spazi sulle navi, di lockdown e frontiere chiuse a causa del coronavirus.
Il fornitore di prossimità magari non sarà il più economico, ma forse è quello che in questo momento ha diverse carte da giocare.
E' lecito chiedersi se questa situazione insegnerà qualcosa a molte aziende e cambierà il modo con cui esse si rapporteranno con i propri fornitori, magari considerando anche che avere un fornitore a 100 km di distanza è ben diverso da averne uno a 10.000 km.